giovedì 29 maggio 2008

Scrivere in coppia


Laura Costantini e Loredana Falcone sono due scrittrici. Hanno già pubblicato un buon numero di romanzi e hanno un blog seguitissimo. Che c’è di strano? Laura e Loredana, si firmano Laura et Lory e i libri li scrivono insieme, a quattro mani. C’è di più: le autrici pubblicano i racconti e i capitoli dei nuovi romanzi anche sul web, in modo che tutti possano conoscerli in anteprima, leggerli, giudicarli, apprezzarli. Insomma, Laura et Lory sono due bitscrittrici, ma di quelle che però amano ancora la carta. E sono un esempio vivente di quella scrittura collaborativa di cui avevamo già parlato.


di Laura et Lory

Scrivere in coppia. Pare che sia una cosa difficilissima da capire per tutti coloro,e cominciano ad essere parecchi, che ci leggono e ci incontrano online o di persona, durante le presentazioni. La domanda più gettonata in assoluto: “Come si fa a scrivere a quattro mani? Come vi dividete i compiti? Chi detta e chi scrive?”
Ogni volta è una fatica spiegare che non c’è un leader e un seguace. Che, semplicemente, da più di vent’anni, Laura e Loredana si incontrano, si siedono davanti ad una tastiera (prima della macchina da scrivere, oggi del computer) e cominciano a scrivere. Discutono, litigano, si accalorano ma anche filano d’amore e d’accordo nel gestire le vicende del romanzo, del racconto, della storia che preme per vedere la luce. Sappiamo che esistono delle coppie di scrittura nate grazie al Web. Conoscenza virtuale, decisione di dividersi i compiti, i personaggi, i capitoli. Scambio fitto di e-mail per arrivare alla costruzione di un libro. Per noi non è mai stato così. Ci siamo incontrate sui banchi di scuola, al liceo, abbiamo cominciato a scrivere fisicamente insieme da allora. Oggi continuiamo a farlo. La gestione condivisa è solo quella del blog, lì il Web la fa da padrone perché i contatti e le decisioni sugli argomenti da trattare viaggiano online. Ma il lunedì… il lunedì non esistono mariti, fidanzati, figli, genitori. Ci incontriamo e ci mettiamo davanti alla tastiera per dare spazio alla cosa che ci piace di più: scrivere. Scrivere al di là della pubblicazione, dell’approvazione,delle vendite. Spesso incontriamo persone scettiche sulla possibilità che i nostri romanzi (ne abbiamo pubblicati cinque a oggi) possano essere stati scritti a quattro mani. Molti contestano l’impossibilità di distinguere dove ha scritto l’una, dove ha scritto l’altra. Ci è stato proposto di partecipare a concorsi letterari divise, ognuna con un racconto, con lo scopo dichiarato di vedere quale delle due sappia realmente scrivere e chi brilli di gloria riflessa. Non abbiamo accettato. Ci piace scrivere insieme, Lauraetlory, tutto unito. Poi, se qualcuno ha la curiosità di leggerci separatamente, può fare un giro sul nostro blog e leggere qualche racconto di Lory, qualche storia di Laura. Perché scrivere da sole sappiamo. Ma preferiamo farlo insieme.

domenica 25 maggio 2008

Meglio i libri o meglio i blog?


Steven Poole è uno scrittore, compositore e giornalista britannico. Ha scritto Unspeak (2006) e Trigger Happy (2000). Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo Fugitive pieces.

Internazionale lo ha tradotto e messo in rete qualche giorno fa. L'ho trovato molto interessante.



Abbiamo ancora bisogno dei libri? Alcuni lettori del mio blog hanno posto l'accento sul successo economico di molti blogger e credono che quella sia la strada del futuro: gli scrittori dovrebbero smettere di scrivere i libri per intero prima di cercare di venderli perché oggi esiste la pubblicazione istantanea sul web, più immediata e all'avanguardia. Ma che ne sarà così della qualità della scrittura?Credo che i blog siano un ottimo strumento per discutere sui temi di stretta attualità. Quelli che ammiro di più spesso sanno confutare le posizioni ufficiali in modo brillante, con analisi approfondite e battute divertenti. Ma non ho dubbi: scambierei all'istante tutto quello che ho letto nella blogosfera nell'ultimo anno per una copia del magnifico libro di Denis Johnson Tree of smoke.C'è un motivo per cui un futuro Denis Johnson non pubblicherà mai un capolavoro a puntate su internet? Secondo me sì, e dipende da una combinazione di tecnologia, struttura sociale e capacità di durare nel tempo. Visto che scrivo libri, articoli e post, vorrei raccontarvi la mia esperienza personale.

Tagliare, tagliare, tagliare

Quando scrivo un libro ho a disposizione mesi o anni. Raccolgo parole in capitoli che poi rileggo, taglio e faccio leggere ai miei amici perché li smontino senza pietà. Ci rimango malissimo a ogni critica, poi capisco che avevano ragione e correggo di nuovo. Poi mando tutto a un copy editor che passa il libro al setaccio e mi fa notare che uso la parola "così" troppo spesso. Rileggo tutto, inserisco le ultime correzioni e il libro va in stampa. A quel punto entrerà a far parte della British library e ci rimarrà per molto tempo. Se ho fatto un errore veramente imbarazzante potrò correggerlo solo nella ristampa, sempre che ce ne sia una.Quando scrivo un articolo ho a disposizione ore o giorni. Scrivo il doppio del necessario e poi taglio fino a che non raggiungo il numero di parole stabilito. A quel punto lo mando al giornale e forse un editor mi chiamerà per farmi un paio di domande, permettendomi di chiarire una frase o di correggere un refuso. Se ho fatto un errore veramente imbarazzante sarà segnalato nelle correzioni del numero successivo, ma non tutti quelli che avranno letto l'articolo originale leggeranno la correzione.Quando scrivo un post ho a disposizione ore o minuti. Il caffè entra in circolo e le mie dita diventano velocissime. Nessuno lo vede finché non clicco il tasto "pubblica" e comincio a controllare ossessivamente il traffico sul sito. Se ho fatto un errore veramente imbarazzante qualcuno lo sottolineerà nei commenti, con più o meno ostilità o sarcasmo. Per me il senso di un post non è spaccare il capello, ma provocare una discussione interessante.Come avrete capito, uso la massima cura quando scrivo un libro: in quel caso non posso sbagliare e il contributo di tutte gli occhi che rileggono il testo è fondamentale. Questa è solo la mia esperienza personale e forse molti blogger dedicano grande attenzione alla revisione di un post. Le distinzioni sono fluide, e lo sono sempre state: si dice che Dostoevskij abbia scritto Il giocatore in soli ventisei giorni per pagare i debiti di gioco. Charles Dickens, invece, pubblicava i suoi libri a puntate sui giornali e poi non cambiava quasi nulla nelle edizioni rilegate. L'idea che oggi i blog possano accantonare altre forme di scrittura è paragonabile a quella di un autore settecentesco che scriveva solo pamphlet senza pubblicare satire o romanzi. Forse il libro così come lo conosciamo sarà un fenomeno storico effimero, basato su una particolare tecnologia, durato solo mezzo millennio. Se così fosse lo rimpiangeremo. Le conversazioni tra blogger durano ore o giorni, ma le conversazioni tra i libri possono durare secoli.


giovedì 22 maggio 2008

Il self publishing balla il tango


Avevamo già scritto della possibilità di pubblicare da soli i propri scritti con l'aiuto del web. Recentemente La Repubblica ha avviato il suo nuovo portale del self-publishing: il mio libro.it. Per molti è stato un vero sollievo, un'alternativa ai servizi di matrice straniera che per primi hanno popolato la rete. Qualcun altro grida al sacrilegio.

Intanto, un giornalista di Catania, ottimo professionista e mio amico ha deciso di affidare il suo primo scritto proprio all'autopubblicazione. Qui ci racconta la sua esperienza


di Gianluca Reale


Tango di qua e di là, seduzione a destra e a manca. Spot, mode e trasmissioni televisive. Ovunque il tango fa brodo. Mi sono chiesto, allora, perché non deve fare brodo anche il mio libricino? Tangueria, in fondo l’ho scritto per gioco, scambiando e-mail dopo ogni lezione (di tango) con la mia amica Rosita Nicastro. Ma poi, lima di qua e di là, è venuto fuori questo volume che definire romanzo mi sembra pretenzioso. Però… l’ho fatto leggere, ho ricevuto preziosi consigli e incoraggiamenti lusinghieri da Marco Vespa e dalla mia amica Anna Pavone, da qualcun altro ancora, da qualcuno un po’ di indifferenza. A volte penso sia un argomento per fissati, ma in fondo è lo specchio della nostra umanità, del mondo in cui viviamo. Raccontato attraverso la vicenda di Lupiño Caruso, giornalista di gossip che si ritrova immerso nel mondo tanghero, con il compito di scriverne le “cronache rosa” tra pettegolezzi, contrapposte fazioni e tanta passione per il ballo argentino.
Però, un libro che ti rimane nel cassetto è un bambino che non vuole uscire dal ventre materno. E per uno che si ritrova per caso a fare l’aspirante scrittore (ma va, non prendiamoci troppo sul serio!) è la sofferenza più grande. Allora l’ho messo on line, un po’ per sperimentare un po’ per evitare di incappare ancora nei “grazie, ma non rientra nella nostra linea editoriale”, la risposta semiautomatica (come un’arma da fuoco) che ti colpisce ad ogni approccio con le case editrici, diciamo così, tradizionali. Allora perché non affidarsi al web? In fondo la cosa non stona, nel 2008, l’era delle community, del web 2.0, quello fatto dai contenuti della gente comune (e chi sono io, sennò?). A dirmi de ilmiolibro.it prima di tutto è stata una mia amica giornalista, che mastica di libri e librerie on line e siti di libri. Poi ho visto la martellante pubblicità su Repubblica e non ho resistito. In fondo, non costa nulla e mi sono lasciato vincere dal perverso piacere di vedere una copertina colorata e delle pagine (benché virtuali) accogliere il tuo lavoro, un torbido godimento sognato da chiunque tenga un manoscritto nel cassetto. Facile facile, eccoti il tuo libro. Così è fattibile. Anche perché il libro, almeno una copia, te la puoi fare recapitare a casa. Se non vendi, in fondo, che importa? Potrai dire a tuo figlio: ho fatto un libro.Nessuno ha investito una lira, se a qualcuno il tuo libro piace è tanto di guadagnato. E se devi fare una presentazione, la fai col libro virtuale: inviti, parli, racconti, poi se qualcuno vuol comprare il libro, prego, si accomodino signori, lascino la quota al librario, lui ordina le copie, vi arriveranno direttamente a casa. Potrebbe essere una rivoluzione. Se fosse così semplice… ma anche qui, l’importante è farsi conoscere. E allora, come sempre, la faccenda si complica. Scusate, adesso devo fare un po’ di mailing…

martedì 20 maggio 2008

Scrittori collaborativi: creatività in salsa web


Avrete certo sentito parlare di scrittura collaborativa. L’idea non è nuova, ma il risultato è sempre stupefacente. Si tratta di mettere insieme idee, progetti e stesure “creative”. Alla fine si dovrebbe ottenere un unico scritto realizzato a più mani, con tutte le conseguenze che potete immaginare: pluralità di stili, di punti di vista, ma anche di storie.
E’ chiaro che il web facilita l’incontro tra scrittori collaborativi. Il testo può essere elaborato a distanza, scambiato tra i vari autori in tempo reale e persino “intessuto” su spazi condivisi di scrittura.
Le distanze spazio temporali vengono azzerate dalle nuove tecnologie. Le presenze virtuali coesistono in aree web, in pc collegati in rete, tramite siti intranet o semplicemente comunicanti grazie ad una semplice mail. Esistono anche appositi programmi per scambiarsi testi o messaggi vocali in tempo reale: pensavate che Skype servisse solo a comunicare con gli amici?
La possibilità di interagire scambiandosi testi con altri utenti fisicamente distanti da noi esiste già dai tempi di Netmeeting, ma oggi abbiamo tutti i presupposti per avviare esperimenti di scrittura collaborativa con pochi mezzi.
Antonio Zoppetti, classe ’65 (qui una breve biografia) è uno dei pionieri dell'editoria elettronica italiana. Il suo Zop è un tipico esempio di blog letterario sperimentale, gestito con l’intelligenza di chi ha capito che la letteratura sul web non deve necessariamente passare dall’ aggiornamento continuo (talvolta forzato) o dalla recensione a tutti i costi.
A proposito di scrittura collaborativa Zoppetti va citato per il suo Librizionario, divertente esperimento di Bookspeople, un’opera “realizzata con il contributo del popolo del web” grazie all’intermediazione di un blog. Se diamo un’occhiata scopriremo che librico è un aggettivo riferito a libri peccaminosi, che la libridazione è un genere letterario d’avventura, che l’enjambamentos è una caramella balsamica adatta alla lettura e così via. Zoppetti è anche uno degli autori di una storia scritta da più blogger in occasione di un festival e ha ricevuto il premio Manzi per l’umaniverso dei bambini che è poi un esperimento che ha coinvolto un centinaio di alunni di una scuola elementare di Milano.
Più collaborativo di così.

sabato 17 maggio 2008

Libri e tv. Con il web va meglio.


Sembriamo rassegnati a non sentir parlare di libri in TV. Fa eccezione qualche esperimento su Sky, e il programma book/game “Per un pugno di libri” recentemente conclusosi su Rai tre.
A parte ciò, la televisione non sembra orientata a fare infotainment sui libri.
Sul web, al contrario, è lo streaming on demand che riscopre la lettura, la scrittura, il dibattito sulle scelte editoriali e l’oggetto/libro. La pubblicità passa dai booktrailers o dai link alle case editrici che qualche volta sostengono il canale.
Esistono canali specializzati che mettono il libro al centro delle loro trasmissioni. Chiedete un approfondimento, un’intervista all’autore, uno scrittore che commenta un classico, una diretta alla Fiera del libro di Torino, persino una presentazione nella libreria dietro casa e sarete serviti.
La qualità? Discreta, in molti casi ottima.
Vi offro una breve carrellata.
Su Booksweb (il progetto nasce da una bella idea di Alessandra Casella) non trovate solo le interviste agli autori emergenti e a quelli più noti, ma anche chiacchiere sui mestieri dell’editoria, speciali su festival e lanci “stagionali”di titoli, con un’attenzione alle traduzioni, alle sperimentazioni, persino ai percorsi dei blog letterari. E’un sito/contenitore video completo, facile da consultare, veloce.
Di grafica giovane e accattivante è sicuramente Nonleggere.it che punta soprattutto alle interviste e alla catalogazione dei titoli per genere. Ottime le schede di accompagnamento ai testi e i video forum tematici con gli utenti.
Tvbook è invece una webtv indipendente, sganciata da alcune logiche di mercato, nata con la formula dell’associazione e propone una formula partecipativa, visto che ci si può associare con una quota minima e contribuire a divulgare la cultura libraria, scoprendo titoli, autori, case editrici meno conosciute. Ancora pochi i videoclip a disposizione degli utenti, ma non avrete difficoltà a trovare qualche inedito tra i titoli proposti.
Di recente attivazione Bookchannel.it che propone un filo diretto con i lettori attraverso la creazione di un blog.
Poi ci sono le web tv “generaliste” (in verità l’etichetta non è adeguata) che non disdegnano i libri. Tra queste c’è certamente l’elegante Another Tv e l’impegnata Arcoiris.
Niente duopoli e niente bombardamenti pubblicitari, dunque, almeno per ora.

Attendo nuove segnalazioni. Se conoscete altre web tv dedicate ai libri, scrivetemi.