martedì 9 settembre 2008

Ripeschiamo l’altro Joyce. Quello di Afternoon


Per leggere il primo vero romanzo ipertestuale della storia della letteratura mondiale, ossia Afternoon a story di Michael Joyce scritto nell’87, bisogna armarsi di pazienza: acquistare il Cd rom su Amazon, o meglio direttamente dal sito dell’editore americano Eastgate, e dimenticare che qualche anno fa è esistita una versione italiana del lavoro distribuito da Human System Milano oggi praticamente introvabile.
Afternoon a story riserva ancora molte sorprese nonostante il programma, il mitico Storyspace, sia rimasto uguale a se stesso, dal lancio di ventun anni fa ai giorni nostri.
Tra gli episodi anche un Lolly’s monologue che rimanda al celebre stream of consciousness della signora Bloom, la Molly del suo omologo e forse maestro dell’autore di Afternoon, il grande James Joyce autore dell’Ulisse.
La differenza tra Afternoon e un qualunque altro ipertesto letterario? Fondamentale, essendo il primo del suo genere: quel romanzo ipertestuale, infatti, è forse più radicale degli altri nella sua progettazione e nella sua rappresentazione in bit. Michael Joyce costringe il lettore di Afternoon a muoversi senza poter contare su un eventuale appiglio. Il testo è totalmente circolare e non viene fornita alcuna mappa per orientarsi, fatta eccezione per l’elenco dei paragrafi effettivamente presenti. La storia prende una piega valida sul fronte narrativo a seconda delle scelte del lettore, ma può anche implodere, se non si ritrova il gusto di scavare tra le pieghe della trama non lineare. Gli ingredienti? Le paure, il sesso, le passioni, spalmate tra 539 paragrafi e 951 link. Entrare in Afternoon a colpi di link è come diventare un po’ scrittori. In fondo la storia che ne viene fuori non è mai uguale a quella pensata da Joyce. Ammesso che ne abbia mai pensata una soltanto.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma quante cose sai????