Il bisogno di intervenire “dentro” il testo digitale è forte: si desidera allungarlo, approfondirlo, accorciarlo, cambiarne il titolo, inserirlo in un ragionamento più ampio.
Per motivi identici è necessario salvaguardare i diritti d’autore, ma anche la libertà di accesso ai contenuti digitali da parte dell’utente, la sua privacy, e trovare dunque un punto di equilibrio tra le due parti.
Per questo quando si parla di e-book e testi “creativi” digitalizzati in genere, è d’obbligo tenere in considerazione il problema dei diritti d’autore e dei cosiddetti DRM.
I Digital Rights Management (DRM), il cui significato letterale è gestione dei diritti digitali, sono, stando alla definizione di Wikipedia, “quei sistemi tecnologici mediante i quali i titolari di diritti d'autore (e dei cosiddetti diritti connessi) possono esercitare ed amministrare tali diritti nell'ambiente digitale, grazie alla possibilità di rendere protetti, identificabili e tracciabili tutti gli usi in rete di materiali adeguatamente “marchiati”.
Dei DRM fanno parte tutte quelle misure tecnologiche finalizzate ad incorporare “marchi di copyright” nascosti tra i bit dell’opera (fingerprint ossia l’impronta digitale, watermark, la filigrana digitale), da non confondere con le misure tecnologiche di protezione dell’opera TPM (anti-copia, anticessione, anti fruizione). Questi ultimi però tutelano l’autore tout court senza tenere conto di tutte quelle esigenze di condivisione che fanno parte dell’era digitale e che vedono l’utente fruitore protagonista interattivo molto più che in passato quando era solo ed esclusivamente un lettore. Che pongono, insomma, l’utente al centro.Ecco perché il ruolo dei Digital Rights Management, solo teoricamente neutrale (non sempre i DRM sono trasparenti e qualche volta rappresentano anche una tecnologia spia per le scelte che l’utente opera in rete) , può invece divenire politicamente centrale. E il quesito diventa più serio se in ballo ci sono creazioni digitali che possono spaziare dalla letteratura sul web o nell’ipertesto alle immagini artistiche digitali.
Per motivi identici è necessario salvaguardare i diritti d’autore, ma anche la libertà di accesso ai contenuti digitali da parte dell’utente, la sua privacy, e trovare dunque un punto di equilibrio tra le due parti.
Per questo quando si parla di e-book e testi “creativi” digitalizzati in genere, è d’obbligo tenere in considerazione il problema dei diritti d’autore e dei cosiddetti DRM.
I Digital Rights Management (DRM), il cui significato letterale è gestione dei diritti digitali, sono, stando alla definizione di Wikipedia, “quei sistemi tecnologici mediante i quali i titolari di diritti d'autore (e dei cosiddetti diritti connessi) possono esercitare ed amministrare tali diritti nell'ambiente digitale, grazie alla possibilità di rendere protetti, identificabili e tracciabili tutti gli usi in rete di materiali adeguatamente “marchiati”.
Dei DRM fanno parte tutte quelle misure tecnologiche finalizzate ad incorporare “marchi di copyright” nascosti tra i bit dell’opera (fingerprint ossia l’impronta digitale, watermark, la filigrana digitale), da non confondere con le misure tecnologiche di protezione dell’opera TPM (anti-copia, anticessione, anti fruizione). Questi ultimi però tutelano l’autore tout court senza tenere conto di tutte quelle esigenze di condivisione che fanno parte dell’era digitale e che vedono l’utente fruitore protagonista interattivo molto più che in passato quando era solo ed esclusivamente un lettore. Che pongono, insomma, l’utente al centro.Ecco perché il ruolo dei Digital Rights Management, solo teoricamente neutrale (non sempre i DRM sono trasparenti e qualche volta rappresentano anche una tecnologia spia per le scelte che l’utente opera in rete) , può invece divenire politicamente centrale. E il quesito diventa più serio se in ballo ci sono creazioni digitali che possono spaziare dalla letteratura sul web o nell’ipertesto alle immagini artistiche digitali.
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