giovedì 17 aprile 2008

Chi ha paura del Troll?

di Andrea Tullio Canobbio

Nella mitologia norrena, il troll è quel mostro notturno che, se sorpreso dal sole fuori della sua grotta di montagna, si tramuta in pietra. In Rete, il troll è chi entra in comunità virtuali (blog, chat, forum, newsgroup e mailing list) e semina zizzania tra gli utenti.
Generalmente, i troll hanno nomi fantastici, vagamente irridenti. In alcuni casi, il troll può coincidere con il fake, cioè l’utente che si serve del nome di un altro utente per creare confusione. Ma non è detto che abbia sempre un nome falso: c’è chi si serve del proprio nome e cognome e disturba ugualmente le discussioni.
In generale, il troll avveduto studia il comportamento degli utenti, e attende che nella comunità virtuale si sviluppi una discussione molto dibattuta e approfondita, per poi intervenire con commenti stupidi e superficiali, suscitando tensioni sopite, in attesa di un pretesto per divampare, e innescando il flaming, cioè una catena di accuse reciproche tra gli altri utenti.
Alcune comunità vivono il trolling come una vera peste sociale; in realtà, il fenomeno è abbastanza irrilevante: come avviene per il Babau e altri mostri infantili, che svaniscono se non si crede più in loro, il modo più efficace per allontanare un troll è ignorarlo quando si manifesta per la prima volta; dopo aver prodotto altri commenti offensivi per provocare una reazione, il troll si darà per vinto e lascerà in pace la comunità.
Da parte degli amministratori e dei moderatori dei gruppi, è frequente l’invito a “non dare da mangiare al troll” (don’t feed the troll), cioè a non nutrirlo di risposte ai suoi commenti, finché a un certo punto, per non morire di inedia linguistica, il troll sarà costretto a cercare cibo da un’altra parte.
Se il troll scandinavo ha grande tradizione letteraria (appare nel Peer Gynt scritto da Henrik Ibsen e musicato da Edvard Grieg), il suo cugino digitale si sta attrezzando per emularlo: due anni fa, è entrato anche nella letteratura italiana, con il libro Troll. Come ho inguaiato internet di Ciro Ascione, uscito per i tipi di TEA Libri, nella collana neon!, a cura del “cannibale” Aldo Nove. In un’intervista a Infinitestorie.it, datata 20 ottobre 2006, Ascione sostiene di aver scritto questo «antigalateo informatico» in favore dei troll, esempi virtuosi di «maleducazione creativa» in una Rete di utenti piattamente integrati e permalosi.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Io li ho sempre chiamati "rompiscatole", non sapevo che sul web si chiamassero troll e avessero una radice letteraria. Ma sono davvero creativi? Immagino dipenda dai casi

Anonimo ha detto...

Anch'io credo che ci sia qualcosa di creativo nel rompere le scatole, Purchè sia fatto con intelligenza. Però non ho un blog e non posso giudicare.

Anonimo ha detto...

tra le trasposizioni di miti nel web, ci sono anche i troian, oltre ai troll... un saluto (hai una mail)
zop

Anonimo ha detto...

Mi è piaciuta l'intervista a Ciro Ascione perchè se è vero che in molti blog ci si confronta con troppo calore, nella maggir parte dei casi si utilizza un tono melenso, per fare piacere all'autore o per entrare a pieno titolo in un nuovo gruppo. Fuzniona proprio come nella vita ed evviva la sincerità. Finalmente!
Enzo
@ros: ma tu sei umana o sei un robot?

Anonimo ha detto...

Una cosa non ho capito e la vorrei chiedere a Canobbio. Davvero c'è qualcosa di creativo o di letterario in un troll? Sono molto perplessa.

Andrea Tullio Canobbio ha detto...

@ zop
Giustissimo. Nel caso dei Trojan, però, l'analogia è più chiara (si tratta di virus che, come i Danai nascosti nel cavallo di legno, entrano nel computer a bordo di programmi innocui). Mi chiedo (e lo chiedo anche a te) perché per designare questi scocciatori ci si riferisca proprio al troll mitologico. Qual è l'analogia?

@ Valentina
Dipende dal troll. P. es.: il “rumore” prodotto dal troll Dario Borso nelle discussioni del blog Nazione Indiana (stigmatizzato qui da Gianni Biondillo) può sembrare un «delirio inconcludente», ma probabilmente ha una sua logica, basata su fonti anche letterarie; per organizzare questo tipo di delirio, occorre una certa dose di creatività.

Anonimo ha detto...

Re: non sono un esperto di queste cose, però cercando in rete ho trovato tante ipotesi. Pessima (come al solito) quella della wikipedia che fa comunque risalire il nome a una comunità (usenet).

Più credibile invece: il
"trolling" (in inglese) è una tecnica di pesca con la lenza, nella quale si utilizza un amo camuffato (cucchiaino) per ingannare e catturare
i pesci.
Il trolling su Usenet consiste nell'inviare un articolo ad un
gruppo di discussione, con l'intenzione di attrarne i frequentatori, inducendo
in loro una serie di risposte platealmente emotive.
Questo modo di dire trarrebbe origine dall'espressione "trolling for flames", un messaggio nel quale il mittente istigava una "flame war", ossia, una rissa sulla "pubblica piazza" di Usenet.
FONTE:
http://www.freewebs.com/iosononiubbo/troll.txt

Va anche detto che i troll mitologici (che al di là della mitologia nordica sono poi passati nei più conosciuti e diffusi videogames con caratteristiche snaturate e contaminate) sono comunque creature dispettose e malvage come i folletti. Anche questo probabilmente ha il suo peso.
un Saluto
zop (zop.splinder.com)

Anonimo ha detto...

...come si riproduce, il Troll?

Anonimo ha detto...

Trollando, of course!