Se si scrive un libro è normale desiderare che qualcuno lo legga. Magari che a leggerlo siano in tanti, e che magari piaccia alla maggioranza dei lettori che si ha avuto la fortuna di coinvolgere.
Solo che appena la fase della scrittura – più o meno valida, più o meno creativa- è terminata, lo scrittore esordiente si pone il solito problema: chi lo pubblicherà? Interesserà ad una casa editrice?
L’editoria a pagamento è un fenomeno abbastanza affermato; per qualcuno è l’ultima spiaggia dopo una serie di interminabili (e talvolta umilianti, o silenti) no, per altri una scommessa coraggiosa, una sfida, che talvolta riesce. E per altri ancora una scelta, da autori affermati. Un esempio italiano? Il bravissimo Giuseppe Genna, della scuderia Mondadori.
Con Internet il fenomeno dei libri “autoprodotti” è cresciuto e non mi riferisco alla pubblicazione on line, ma al fenomeno del self publishing su carta. Intendiamoci, il fenomeno è vecchissimo. Sono stati tanti gli scrittori del passato– veri, verissimi- che hanno pubblicato pagando. Da Virginia Woolf a James Joyce. Da qualche anno, però, sul web c’è la possibilità di pubblicare a pagamento un testo, sceglierne velocemente ed efficacemente la grafica, la tiratura, il prezzo. Per poi poter vendere le copie ad acquirenti di tutto il mondo, che scelgono se scaricarsi copie virtuali in pdf sul Pc o se acquistare l’ “oggetto” libro. Le punte più avanzate del self- publishing prevedono migliaia di punti vendita a disposizione, ma anche biblioteche, istituti scolastici ecc.
Per questo ci sono piattaforme on line come Lulu.com, o I-Universe oppure Blurb, che recentemente (vedi l’articolo di Punto informatico) ha persino messo a punto un sistema di layout condiviso per scrivere e impaginare libri a quattro mani, o anche di più.
Mi ha colpito la riflessione del blogger Netblog che argomenta sui pro e i contro dei libri fai da te e alla fine sceglie di affidarsi a Lulu, lasciandosi però una porta aperta per gli editori “old style”. Infine, vi segnalo quest’ audio che troverete su Radio Catrame 19. Parlano due rappresentanti di Lulu Italia ( marketing e pr) nel corso del Lit Camp 2007 e spiegano la filosofia del self publishing. Per farsi un’idea, per chi non se la fosse già fatta.
Solo che appena la fase della scrittura – più o meno valida, più o meno creativa- è terminata, lo scrittore esordiente si pone il solito problema: chi lo pubblicherà? Interesserà ad una casa editrice?
L’editoria a pagamento è un fenomeno abbastanza affermato; per qualcuno è l’ultima spiaggia dopo una serie di interminabili (e talvolta umilianti, o silenti) no, per altri una scommessa coraggiosa, una sfida, che talvolta riesce. E per altri ancora una scelta, da autori affermati. Un esempio italiano? Il bravissimo Giuseppe Genna, della scuderia Mondadori.
Con Internet il fenomeno dei libri “autoprodotti” è cresciuto e non mi riferisco alla pubblicazione on line, ma al fenomeno del self publishing su carta. Intendiamoci, il fenomeno è vecchissimo. Sono stati tanti gli scrittori del passato– veri, verissimi- che hanno pubblicato pagando. Da Virginia Woolf a James Joyce. Da qualche anno, però, sul web c’è la possibilità di pubblicare a pagamento un testo, sceglierne velocemente ed efficacemente la grafica, la tiratura, il prezzo. Per poi poter vendere le copie ad acquirenti di tutto il mondo, che scelgono se scaricarsi copie virtuali in pdf sul Pc o se acquistare l’ “oggetto” libro. Le punte più avanzate del self- publishing prevedono migliaia di punti vendita a disposizione, ma anche biblioteche, istituti scolastici ecc.
Per questo ci sono piattaforme on line come Lulu.com, o I-Universe oppure Blurb, che recentemente (vedi l’articolo di Punto informatico) ha persino messo a punto un sistema di layout condiviso per scrivere e impaginare libri a quattro mani, o anche di più.
Mi ha colpito la riflessione del blogger Netblog che argomenta sui pro e i contro dei libri fai da te e alla fine sceglie di affidarsi a Lulu, lasciandosi però una porta aperta per gli editori “old style”. Infine, vi segnalo quest’ audio che troverete su Radio Catrame 19. Parlano due rappresentanti di Lulu Italia ( marketing e pr) nel corso del Lit Camp 2007 e spiegano la filosofia del self publishing. Per farsi un’idea, per chi non se la fosse già fatta.
8 commenti:
Io non l'ho mai fatto, e credo che mai lo farò.
Conosco gente che ha pagato per pubblicare, ma francamente mi sfuggono le ragioni di un gesto del genere.
(R4)
Visti i servizi che ti offre un editore tradizionale (praticamente niente, visto che devi lasciare loro il 90% del prezzo di copertina in cambio di una scarsa distribuzione e nessun aiuto nella promozione e nell'organizzazione di presentazioni) direi che i perche' di questa scelta si spiegano da soli. Ma sarebbe interessante sentirli motivare da Genna che, di sicuro, non ha avuto grossi problemi con Mondadori.
Il problema è: dopo che ti pubblichi da solo, come distribuisci il libro? Per un certo periodo della mia vita ho seguito i lunedì letterari. Erano pieni di poeti che, non potendo fare altrimenti, si pubblicavano da soli i libri.
La fini di questi libri era che, alla fine, circolavano solo le copie che comprava l'autore e che era costretto a regalare agli amici.
Comunque, anche questa è una possibilità "positiva": se hai piacere di trasmettere le tue idee, puoi aderire a questo tipo di mercato.
Potrebbe essere anche un modo per farti conoscere, anche se a mio parere, sopratutto nel settore della poesia, è molto difficile emergere...
molto interessante, ma occorre dire alcune cose sulla nuova editoria, sulle società che sempre di più producono il bene, il servizio e la pubblicità per se stesse, e il fatto che le Major di tutto il mondo si stanno unendo... ci sono dentro questi processi delle lacune lasciate per strada? Hai toccato un tema enorme mia cara Rosa, ma gigante davvero...
cavolo, vado di fretta, era l'occasione di parlare di fenomeni molto strani. A domani !
ciao
Un esperimento come quello di Lulu.com mi sembra validissimo per libri creativi, per esempio quelli fotografici, ma non per i saggi o romanzi. Dove sono gli editor, i correttori di bozze, chi "cura" il testo??
Qualche secolo fa il Qoelet recitava così:
11. Le parole dei saggi sono come pungoli; come chiodi piantati, le raccolte di autori: esse sono date da un solo pastore.
12. Quanto a ciò che è in più di questo, figlio mio, bada bene: i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo.
L'uomo ha bisogno di coccolarsi in qualche modo e la vanità è il metodo migliore... e utile all'economia.
Un aspirante scrittore deve perseverare nella pazienza, "la virtù degli eroi", e se di talento prima o poi le sue qualità si imporranno come un fiume in piena. Alla faccia di pseudo- scrittori, scribacchioli e critici che non capiscono una mazza di letteratura autentica, ed editori che prima promettono e poi ti abbandonano.
In ogni caso, cara Rosamaria, mai pagare per pubblicare!
Eppure, io penso che in ciascuno di noi che scrive c'è una voce che dice: non sei Virginia, non sei James. Basta saperla ascoltare, e lasci perdi gli editori a pagamento, tanto se ti piace scrivere, lo fai a
prescindere dalla pubblicazione.
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