lunedì 31 marzo 2008

L'ho letto sul librofonino



La data è ancora incerta ma l’attesa dovrebbe durare appena qualche settimana. Il librofonino sta per divenire una realtà; presentato l’anno scorso è un prodotto di Telecom Italia che dopo aver chiuso un accordo con la Polymer Vision, darà alla luce il primo telefonino con tecnologia e-paper. Per i particolari tecnologici vi rimandiamo a questo blog e al video qui accanto.
Lo schermo del librofonino sarà flessibile e sarà lungo sino a 13 cm, l’apparecchio sarà portatile e leggero e saremo in grado di leggerci sopra dei testi.
Libri, ad esempio. Ma anche giornali.
A breve si scatenerà il dibattito sin troppo facile da immaginare. C’è chi giurerà che la carta sia destinata a tramontare e chi invece riderà anche solo dell’ipotesi.
Mi viene in mente Roger Fidler e la sua Mediamorfosi: un nuovo medium che nasce non soppianta mai il medium precedente. Al contrario, il vecchio medium sentendosi “attaccato” dalla novità, si rafforza con delle innovazioni e, di solito, non soccombe. Si trasforma, semmai.
Ci sarebbe prima da capire quanto gli e-book siano diffusi ( e amati) in Italia. Anche se il termine stesso è molto ambiguo. Mettiamoci d’accordo: gli e-book sono solo testi scaricabili da Internet o anche altro?

sabato 22 marzo 2008

Benni e la solitudine sono on line




Su You Tube la casa editrice Feltrinelli ha pubblicato un canale di video interviste. Questa a Stefano Benni è particolarmente interessante. E' una chiacchierata sulla sua "Grammatica di Dio" , sulla solitudine che resiste alla tecnologia, sul potere, i giovani e i vecchi. A voi.

domenica 16 marzo 2008

Ed ora mi pubblico da solo...


Se si scrive un libro è normale desiderare che qualcuno lo legga. Magari che a leggerlo siano in tanti, e che magari piaccia alla maggioranza dei lettori che si ha avuto la fortuna di coinvolgere.
Solo che appena la fase della scrittura – più o meno valida, più o meno creativa- è terminata, lo scrittore esordiente si pone il solito problema: chi lo pubblicherà? Interesserà ad una casa editrice?
L’editoria a pagamento è un fenomeno abbastanza affermato; per qualcuno è l’ultima spiaggia dopo una serie di interminabili (e talvolta umilianti, o silenti) no, per altri una scommessa coraggiosa, una sfida, che talvolta riesce. E per altri ancora una scelta, da autori affermati. Un esempio italiano? Il bravissimo Giuseppe Genna, della scuderia Mondadori.
Con Internet il fenomeno dei libri “autoprodotti” è cresciuto e non mi riferisco alla pubblicazione on line, ma al fenomeno del self publishing su carta. Intendiamoci, il fenomeno è vecchissimo. Sono stati tanti gli scrittori del passato– veri, verissimi- che hanno pubblicato pagando. Da Virginia Woolf a James Joyce. Da qualche anno, però, sul web c’è la possibilità di pubblicare a pagamento un testo, sceglierne velocemente ed efficacemente la grafica, la tiratura, il prezzo. Per poi poter vendere le copie ad acquirenti di tutto il mondo, che scelgono se scaricarsi copie virtuali in pdf sul Pc o se acquistare l’ “oggetto” libro. Le punte più avanzate del self- publishing prevedono migliaia di punti vendita a disposizione, ma anche biblioteche, istituti scolastici ecc.
Per questo ci sono piattaforme on line come Lulu.com, o I-Universe oppure Blurb, che recentemente (vedi l’articolo di Punto informatico) ha persino messo a punto un sistema di layout condiviso per scrivere e impaginare libri a quattro mani, o anche di più.
Mi ha colpito la riflessione del blogger Netblog che argomenta sui pro e i contro dei libri fai da te e alla fine sceglie di affidarsi a Lulu, lasciandosi però una porta aperta per gli editori “old style”. Infine, vi segnalo quest’ audio che troverete su Radio Catrame 19. Parlano due rappresentanti di Lulu Italia ( marketing e pr) nel corso del Lit Camp 2007 e spiegano la filosofia del self publishing. Per farsi un’idea, per chi non se la fosse già fatta.

lunedì 10 marzo 2008

Booktrailer, un genere in stand by


Le ho incontrate “virtualmente” qualche giorno fa. Lucia Massacesi e Marcella Manghi sono due professioniste che hanno dato vita a LumaLab un video content provider. Due chiacchiere con loro sono servite a chiarirmi a che punto siamo in Italia con uno strumento che non tutti conoscono ma che loro realizzano, e con ottimi risultati, dal 2005: il booktrailer. Si tratta di brevi filmati pubblicitari dedicati a libri di imminente o di recente uscita, e sono ispirati –in termini estetici e di montaggio- ai più famosi trailers cinematografici. Ho chiesto a Lucia e Marcella una definizione più precisa di BT. Eccola: “Un lampo di suggestioni audiovisive che fa luce sui contenuti del libro: una quarta di copertina che desta nel fruitore il desiderio di passare alla lettura del libro”.
Il booktrailer è ancora una novità; il genere è stato importato in Italia dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dall'Olanda, e per ora circola su siti specializzati, blog o su You tube.
LumaLab ne ha prodotti di molto interessanti come “La moneta maledetta” realizzato per la San Paolo.
Ma le potenzialità del booktrailer in Italia non sono ancora sfruttate appieno.
Sono pochissime le case editrici che investono sul BT (tra queste c’è Marsilio) e ancora meno quelle che lo richiedono di qualità. Con il risultato che il genere risulta ancora sperimentale mentre, tutto sommato, i lettori potrebbero anche essere pronti a recepirlo. Soprattutto se approdasse in tv o al cinema.
Nel frattempo vi segnalo alcuni BT che ho trovato molto interessanti. Come quello di Manituana di Wu Ming, di eccezionale originalità e bellissima resa grafica. Merita un’occhiata anche il canale You tube curato dal sito GrenarLabs che ne raggruppa una serie esemplificativa. Esiste anche un portale europeo di booktrailers.
E infine, date un’occhiata al BT Mondadori di “Come Dio comanda” (Ammaniti). Lo immaginavate così?

martedì 4 marzo 2008

Stefano e il "vizietto" americano

Stefano Amato è un giovane di Siracusa che ha scritto dei bellissimi ( e divertenti) racconti su Linus, Maltese narrazioni, Fam ; suona in un trio punk rock, i Three Chords Wonder, e ha pubblicato un romanzo. Amato è anche un blogger e ha avuto un’intuizione tanto semplice quanto geniale: tradurre in italiano alcuni pezzi tratti dalla mitica rivista Mcsweeney’s e condividerli nel suo spazio virtuale: Renault 4. A quel punto gli è arrivata una proposta. E da lì è iniziata una nuova avventura che ci racconta lui stesso.


Nel 2002 ho letto un romanzo autobiografico intitolato L’opera struggente di un formidabile genio, dell’americano Dave Eggers. E' stato come ricevere una sberla in pieno viso. Era la prima volta che leggevo qualcosa di così fresco e divertente, nonostante quello a cui potrebbe far pensare la trama del libro (due fratelli restano orfani dopo che i loro genitori muoiono di cancro).
Secondo la quarta di copertina Dave Eggers era anche il fondatore di una casa editrice e di una rivista chiamate entrambe allo stesso modo: Mc Sweeney's. Ho cercato informazioni su internet, e così sono capitato su mcsweeneys.net; che non è solo il sito della rivista (cartacea, a uscita periodica e stampata in Islanda [!]), ma una pubblicazione parallela, aggiornata quotidianamente e gratuita. Online, a differenza della rivista vera e propria, compaiono pezzi più corti, che raramente seguono la forma del racconto tradizionale.
Pian piano ho preso il vizio di seguire in maniera quotidiana gli aggiornamenti del sito. Le cose che pubblicavano mi piacevano, erano brillanti, a tratti umoristiche, ma facevano anche riflettere. Erano una sorta di “Kafka incontra Star Trek incontra Woody Allen”. E dimostravano, soprattutto, che la narrativa non deve necessariamente prendersi sul serio.
Per me era qualcosa di completamente nuovo, rispetto per esempio alla narrativa italiana a cui ero abituato io. Per non parlare di quella siciliana. Dove non capisco perché ancora oggi molte storie debbano avere per protagonisti conti, marchesi e altra gente del genere. Perché, mi sono sempre chiesto, da noi la narrazione deve essere così pesantemente “letteraria”? Perché è sempre tutto così “soave”, “leggiadro”, “sontuoso”?
A quel punto ho cominciato per conto mio a tradurre qualche brano tratto dal sito.
All’inizio i pezzi finivano, saltuariamente, solo sul mio blog. Poi Ivano Bariani, lo scrittore fondatore di Frenulo a Mano, una rivista letteraria online con la quale collaboravo da anni, mi ha chiesto via e-mail se mi andava di rendere la cosa una rubrica fissa di FaM. Io ho accettato, e per un po’ di tempo ogni settimana abbiamo pubblicato le traduzioni sul sito.Non avevo mai tradotto niente in vita mia; ma conoscevo l’inglese piuttosto bene, e così mi sono buttato. Stando attento, però, a non sostituirmi all’autore, e cercando invece di essere il più possibile fedele allo spirito originale.
Con la speranza che anche il pezzo in italiano, come quello in inglese, risultasse un vero e proprio spasso.